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Cause della crisi del mondo romano nel III secolo

Il latifondo.
L’antica economia della villa rurale comincia a decadere in corrispondenza con la crescita del latifondo. Nei latifondi prosperavano le coltivazioni dei cereali e l’allevamento ovino. Si tratta di un’economia di rapina nei confronti del terreno che non può rigenerarsi e produce sempre meno prodotti e di scarsa qualità.

Le città e il loro parassitismo.
La città era il cuore del mondo romano. La prima età imperiale fu un periodo di intensa urbanizzazione anche perché le città servivano per controllare lo spazio vasto dell’impero e per amministrare il territorio. Ma esse avevano bisogno di grandi quantità di prodotti alimentari per una popolazione per lo più improduttiva. L’imperatore doveva assicurare una parte notevole delle risorse statali al mantenimento di un’enorme massa umana, la parte più povera della quale poteva diventare tumultuosa.
Il parassitismo diventava pesantissimo sul mondo rurale soprattutto quando questo subì la crisi produttiva che cominciò a manifestarsi nel III secolo d.C. I grandi proprietari terrieri gestivano le terre in modo improduttivo con il sistema della rendita, cioè si appropriavano di ciò che il terreno poteva dare spontaneamente, senza un investimento finalizzato alla sua bonifica e alla sua rigenerazione. L’economia di rendita è dovuta a scarse conoscenze tecnologiche e a una scarsa propensione per l’imprenditoria. Quando, molto più tardi la rivoluzione agraria muterà la condizione dei campi coltivati in Europa, comincerà a emergere l’economia del profitto, ossia del capitale maggiorato che è il frutto di un investimento. Questo nuovo modo di produzione si può sintetizzare nella formula D-M-D’, che indica il seguente comportamento: il proprietario del terreno investe una certa quantità di denaro (D) in particolari merci (M: forza lavoro, tecnologie nuove, concimi …) che applicate al terreno consentono un prodotto che frutterà un capitale maggiore di quello investito (D’).
Inoltre la fame di terre da coltivare produce disboscamenti incontrollati, e da qui erosioni, frane, alluvioni e formazioni di zone paludose e malariche.
Si deve parlare di blocco tecnologico delle civiltà antiche. La scienza antica conosceva molto bene la matematica e l’astronomia, scienze teoriche, ma non sapeva applicare alla attività produttiva le indagini scientifiche. La tecnologia, invece è la scienza applicata al progresso materiale e al benessere generale. Nel campo degli attrezzi agricoli la metallurgia era inadeguata, e il mulino, benché conosciuto, non sarebbe stato utilizzato prima dell’VIII secolo