BENJAMIN CONSTANT

( da La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni, 1819)

 

Chiedetevi innanzitutto, Signori, cosa un inglese, un francese, un abitante degli Stati Uniti d'America, intendano al giorno d'oggi con la parola libertà.

E per ognuno il diritto di essere sottoposto soltanto alle leggi, di non poter essere arrestato, né detenuto, né messo a morte, né maltrattato in alcun modo, per effetto della volontà arbitraria di uno o più individui. E’ per ognuno il diritto di dire la propria opinione, di scegliere la propria occupazione ed esercitarla; di disporre della sua proprietà e persino abusarne; di andare, venire, senza averne ottenuto il permesso e senza rendere conto d'intenzioni o comportamenti. E’, per ognuno, il diritto di riunirsi con altri individui, sia per conferire sui propri interessi, sia per professare il culto preferito da lui e dai suoi consociati, sia semplicemente per riempire i giorni e le ore in modo più conforme alle sue inclinazioni, alle sue fantasie. Infine è il diritto, per ognuno, d'influire sull'amministrazione del governo, sia con la nomina dei funzionari, tutti o alcuni, sia a mezzo di rimostranze, petizioni, richieste, che l'autorità è più o meno obbligata a prendere in considerazione. Paragonate adesso questa libertà a quella degli antichi.

Essa consisteva nell'esercitare collettivamente, ma direttamente, varie parti della sovranità tutta intera, nel deliberare, sulla piazza pubblica, della guerra e della pace, nel concludere trattati d'alleanza con gli stranieri, nel votare le leggi, nel pronunciare i giudizi, nell'esaminare i conti, gli atti, la gestione dei magistrati, nel farli comparire davanti a tutto un popolo, nel metterli sotto accusa, nel condannarli o assolverli; ma, se era questo ciò che gli antichi chiamavano libertà, nello stesso tempo ammettevano, come compatibile con tale libertà collettiva, l'assoggettamento completo dell'individuo all'autorità dell'insieme. Non troverete presso di loro quasi nessuna delle prerogative che abbiamo appena visto far parte della libertà fra i moderni. Tutte le azioni private sono sottoposte a una sorveglianza severa. Niente è concesso all'indipendenza individuale rispetto alle opinioni, né rispetto all'occupazione, né soprattutto rispetto alla religione. La facoltà di scegliere il proprio culto, facoltà che noi consideriamo come uno dei nostri più preziosi diritti, sarebbe parsa agli antichi un crimine e un sacrilegio. Nelle cose che ci sembrano le più utili, l'autorità del corpo sociale si frappone ed ostacola la volontà degli individui. Tra gli spartani Terpandro non può aggiungere una corda alla sua lira senza offendere gli efori. Nelle relazioni più intime, l'autorità non cessa d'intervenire. Il giovane spartano non può visitare liberamente la sua giovane sposa. A Roma, i censori penetrano con occhio scrutatore all'interno delle famiglie. Le leggi regolano i costumi e, poiché i costumi riguardano tutto, non c'è niente che le leggi non regolino.

Così tra gli antichi, l'individuo, sovrano pressoché abitualmente negli affari pubblici, è schiavo in tutti i suoi rapporti privati.