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Il Declino economico della Spagna

Il brano che segue è tratto dalla Storia economica dell'Europa pre-industriale dello storico Carlo Maria Cipolla



Il declino della Spagna nel Seicento non è difficile da capire. Il fatto fondamentale è
che sostanzialmente la Spagna non si era mai sviluppata.
Agli inizi del secolo XVI, Francesco Guicciardini nella sua Relazione di Spagna scriveva:

La povertà vi è grande, e credo proceda non tanto per la qualità del paese, quanto per la natura loro di non volere dare agli esercizi; e non che vadino fuori di Spagna, più tosto mandano in altre nazioni la materia che nasce nel loro regno per comperarla poi da altri formata come si vede nella lana e seta quale vendono a altri per comperare poi da loro e panni e drappi.

L'afflusso massiccio d'oro e d'argento dalle Americhe e l'espansione della domanda effettiva in cui tale afflusso si tradusse avrebbero potuto stimolare un notevole sviluppo economico del Paese. Ma la Spagna del secolo XVI può servire come classico esempio per dimostrare che la domanda è un elemento necessario ma nient'affatto sufficiente per attuare lo sviluppo. La Spagna nel suo insieme (ignorando quindi la distribuzione del reddito tra regioni geografiche e classi sociali) si arricchì notevolmente nel corso del Cinquecento e il suo peso nell'economia europea aumentò in maniera drammatica perché l'argento e l'oro erano mezzi liquidi accettati internazionalmente in pagamento di merci e servizi. Il fallimento della Spagna fu dovuto alle strozzature nell' apparato produttivo (soprattutto la deficienza di lavoro specializzato, le scale di valori sfavorevoli all'attività artigianale e mercantile, l'aumento del numero delle corporazioni e la loro politica restrittiva). A causa delle predette strozzature l'aumento dell'offerta fu ben lungi dal corrispondere all'aumento frenetico della domanda. Di conseguenza i prezzi rialzarono e larga parte della domanda si riversò sui prodotti e servizi stranieri. Jean Bodin nel 1578 rilevava che la Spagna dipendeva largamente dalla Francia per importazioni di grani, tele, drappi, carta, libri, oggetti di falegnameria ed altro che riesportava poi in gran parte nelle colonie americane. La prevalente mentalità hidalghesca considerava le importazioni piuttosto come motivo di orgoglio, anziché come possibile minaccia per le manifatture del Paese. Scriveva nel 1675 Alfonso Nunez de Castro:

 

Lasciamo Londra produrre quei panni così cari al suo cuore; lasciamo l'Olanda produrre le sue stoffe, Firenze i suoi drappi, le Indie le sue pellicce, Milano i suoi broccati, l'Italia e le Fiandre le loro tele di lino... noi siamo in grado di comperare questi prodotti il che prova che tutte le nazioni lavorano per Madrid e che Madrid è la grande regina perché tutto il mondo serve Madrid mentre Madrid non serve nessuno.

Nel 1595 quando ancora l'afflusso del metallo prezioso dava alla Spagna un'euforia di benessere e potenza, l'ambasciatore veneziano Vendramin scriveva:

Pare che non senza ragione gli spagnoli dicano in proposito di quest’ oro che dalle Indie se ne viene in Spagna che faccia su di loro quell'effetto appunto che fa la pioggia sopra i tetti delle case, la quale se ben vi cade sopra, discende poi tutta in basso senza che quelli che primi la ricevono ne abbiano beneficio alcuno.

Alla fine del Cinquecento la Spagna era molto più ricca che alla fine del Quattrocento, ma non era molto più sviluppata. Nel corso del Seicento l'afflusso di metallo prezioso dalle Americhe diminuì drasticamente, in parte per la diminuita produzione mineraria in parte perché le colonie si rendevano economicamente sempre più indipendenti producendo in loco quanto prima dovevano importare dalla madrepatria. La principale fonte dell'euforico benessere spagnolo venne così a inaridirsi. Intanto però un secolo di artificiosa prosperità aveva indotto molti ad abbandonare le campagne e ad ingrossare il proletariato urbano; le scuole si erano moltiplicate, ma avevano servito soprattutto a produrre individui che rifiutavano il lavoro manuale; l'amministrazione governativa si era ingigantita, ma aveva servito soprattutto ad alimentare una vasta sotto-occupazione nella veste di una burocrazia elefantiaca. La Spagna del secolo XVII mancò di imprenditori e artigiani ma ebbe sovrabbondanza di burocrati, preti e poeti. E il Paese sprofondò in una tragica decadenza.

Carlo Maria Cipolla  (1922- 2000)
Studioso e docente di Storia economica in Italia e negli Stati Uniti. Scrisse la Storia economica dell'Europa pre-industriale (Il Mulino, Bologna) nel 1974.