INDIVIDUARE ciò che è stato più rilevante nel secolo, ciò che permette dunque di costruirne il senso, dipende in parte dall'identità di ciascuno. Per un africano, per esempio, l'avvenimento politico decisivo è sicuramente
rappresentato dalla colonizzazione, in un secondo tempo dalla decolonizzazione. Per un europeo - e io non mi occuperò in questa sede che del XX secolo europeo - la scelta è largamente aperta. Alcuni affermerebbero che l'evento principale, nella lunga durata, è quel fenomeno che viene chiamato la «liberazione delle donne»: il loro ingresso nella vita pubblica,il raggiungimento del controllo sulla fecondità («la pillola») e, nello stesso tempo, la dilatazione dei valori tradizionalmente «femminili», caratteristici della sfera privata, alla vita di ambo i sessi. Altri potrebbero pensare che il senso del secolo sia determinato dalla drastica diminuzione della mortalità infantile, dall'allungamento della vita nei paesi occidentali, dai rivolgimenti demografici. O ancora dai grandi avanzamenti della tecnica: controllo dell'energia atomica, decifrazione del codice genetico, circolazione elettronica dell'informazione, televisione. Sono d'accordo con gli uni e con gli altri, ma la mia esperienza personale non offre alcun chiarimento supplementare riguardo a tali tematiche; essa mi orienta piuttosto verso una scelta differente. L'avvenimento centrale, per me, consiste nel manifestarsi di un male nuovo, di un regime politico inedito, il totalitarismo, che, al suo apogeo, ha dominato su buona parte del mondo; un regime che è attualmente scomparso dall'Europa ma indubbiamente non dagli altri continenti, e i cui postumi continuano ad agire tra noi. Il XX secolo sarebbe dunque contrassegnato dalla lotta tra il totalitarismo e la democrazia o da quella fra le due ramificazioni totalitarie. Ad ascoltare la litania dei massacri e delle sofferenze che li accompagnano, le cifre smisurate delle vittime dietro cui si nascondono volti di persone che sarebbe necessario evocare una a una, ci si può domandare: il XVIIII secolo è stato designato dagli storici come il «secolo dei Lumi», si finirà" un giorno per chiamare il XX il «secolo delle Tenebre»? La prima reazione è di compassione e di scoraggiamento. Tuttavia, non bisognerebbe lasciar perdere. Questo male particolare è stato vinto, ma un altro non mancherà di manifestarsi in futuro. Coloro che conoscono il passato hanno il dovere di trasmetterne la lezione a quelli che verranno. Non affronterò la descrizione del totalitarismo dall'interno. Vorrei piuttosto rivolgermi a un altro aspetto del confronto tra totalitarismo e democrazia e tentare di comprendere perché, per milioni di persone, per decenni, il primo è potuto sembrare più seducente della seconda. La prima risposta che mi viene in mente è la seguente: il totalitarismo contiene una promessa di pienezza, di vita armoniosa e di felicità. E vero che non la mantiene, ma la promessa perdura, e ci si può sempre raccontare che la prossima volta sarà quella buona e che verremo salvati. La democrazia liberale, invece, non contiene una promessa simile; si impegna soltanto a permettere a ognuno di cercare per proprio conto felicità, armonia e pienezza. Assicura, nel migliore dei casi, la tranquillità dei cittadini, la loro partecipazione alla conduzione degli affari pubblici, la giustizia nei loro reciproci rapporti e in quelli con lo stato; non promette la salvazione. L'autonomia, sia individuale che collettiva, pietra angolare dei regimi democratici, corrisponde al diritto di cercare attraverso se stessi, non alla certezza di trovare. Kant sembrava credere che l'uomo apprezzi una condizione che gli permette di uscire «dallo stato di minoranza in cui si mantiene per propria colpa»; ma non è detto che tutti preferiscano la maggioranza alla minoranza, l'età adulta all'infanzia. Riconoscere la posizione detenuta da una tale promessa di felicità per tutti equivale a mettere in luce un fatto ben conosciuto: il totalitarismo è un utopismo. Considerato nella prospettiva della storia europea, l'utopismo si presenta a sua volta come una forma di millenarismo, un millenarismo ateo. Che cos'è il millenarismo? E un movimento religioso in seno al cristianesimo (un'«eresia») che promette ai credenti la salvezza in questo mondo, e non nel regno di Dio. Né la violenza rivoluzionaria, né la speranza millenarista conducono di per se stesse al totalitarismo. Affinché se ne stabiliscano le premesse intellettuali è necessaria una condizione aggiuntiva: il progetto di dominio totale dell'universo, sostenuto dallo spirito scientifico e, più specificamente, dal pensiero scientista Un dominio che introduce una novità radicale nella storia dell'umanità. Il suo monismo (indicato dal termine «totalitario») deriva dal seguente disegno: poiché un solo e unico pensiero razionale può dominare l'universo intero, non e più il caso di mantenere in vita delle distinzioni fittizie (tra gruppi della società, tra sfere della vita dell'individuo. tra opinioni differenti): la verità è una, anche il mondo umano deve diventarlo. E una fortuna che le democrazie moderne non aspirino a instaurare il regno della perfezione sulla terra, ne a produrre un uomo nuovo, una specie migliorata, poiché, a differenza dei totalitarismi del XX secolo, apprendisti stregoni, sarebbero capaci di andare molto lontano su questa strada. Esse dispongono di mezzi di sorveglianza e di controllo incomparabili, detengono armi capaci di distruggere l'intero pianeta, sono dotate di scienziati in grado di controllare il codice genetico e dunque di fabbricare realmente una nuova specie. I mezzi grossolani dei comunisti, che hanno cercato di mettere al mondo un uomo nuovo tramite la rieducazione e il terrore; o dei nazisti, che sono ricorsi al controllo della riproduzione e all'eliminazione delle «razze» e degli individui ritenuti inferiori, tutti questi mezzi sembrano appartenere alla preistoria, se li si compara alle manipolazioni genetiche possibili nel nostro tempo. Di che cosa ha bisogno l'uomo? Gli abitanti dei paesi democratici, o per lo meno i loro porta parola, hanno frequentemente creduto che egli non aspiri che alla soddisfazione dei suoi desideri immediati e dei suoi bisogni materiali: più comfort, maggiori facilità, più svaghi. Gli strateghi del totalitarismo si sono rivelati, a riguardo, migliori antropologi e migliori psicologi. Gli uomini hanno certamente bisogno di comfort e di piacere; ma per di più in modo meno percettibile e tuttavia più imperioso, hanno bisogno di beni che il mondo materiale non procura loro: pretendono che la loro vita abbia un senso, che la loro esistenza trovi una collocazione nell'ordine dell'universo, che tra loro e l'assoluto si stabilisca un contatto. Il totalitarismo, a differenza della democrazia, ambisce a soddisfare ' tali bisogni e, per questa ragione. è stato liberamente scelto dalle popolazioni interessate. Lenin, Stalin e Hitler sono stati desiderati e amati dalle masse, non bisogna dimenticarlo. Le democrazie,a costo di mettere in pericolo la propria esistenza, non hanno il diritto di ignorare il bisogno umano di trascendenza. Come evitare che esso conduca a catastrofi comparabili a quelle provocate dal totalitarismo nel XX secolo? Non ignorandolo, ma distinguendolo risolutamente dall'ordine sociale. L'assoluto non va d'accordo con le strutture dello stato; ciò non significa che esso debba scomparire. Il messaggio originale di Cristo era chiaro: «Il mio regno non è di questo mondo»; ciò non significa che il regno non esista. Tale messaggio è stato messo tra parentesi per molti secoli, dal momento che il cristianesimo è diventato una religione di stato. Nel nostro tempo il rapporto con la trascendenza non è meno necessario che in passato; per evitare la deriva totalitaria, deve rimanere estraneo ai programmi politici (non costruiremo mai il paradiso in terra), ma illuminare dall'interno la vita di ognuno. Si può raggiungere l'estasi di fronte a un opera d'arte o a un paesaggio, pregando o meditando, praticando la filosofia o guardando ridere un bambino. La democrazia non soddisfa il bisogno di salvazione o di assoluto; essa non può tuttavia permettersi di ignorarne l'esistenza. Tale e, a mio parere, una delle lezioni di questo "secolo delle Tenebre".
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